La responsabilità sociale

Il vento del cambiamento soffia in molte direzioni. Giunge da lontano, appare improvviso anche se si è preparato da lungo tempo. E’ costante e così forte che sta erodendo il passato.

Nuove forme di lavoro, nuovi approcci verso la salute, nuovi metodi di insegnamento nelle scuole, nuove visioni della società nel suo complesso. Anche se tutto può sembrare slegato è come se nel mezzo di questa grave crisi economica, ambientale ma soprattutto culturale una luce diffusa stesse splendendo sempre più forte.

L’economia, che significa amministrazione della casa, dove la casa è ciò su cui camminiamo ogni giorno, il pianeta Terra, è un ambito su cui si discute da alcuni secoli. Il presupposto della cultura occidentale è la competizione per risorse scarse e limitate, del profitto cieco che non considera le generazioni future e i delicati equilibri che esistono tra noi e l’ambiente. L’economia contemporanea è un’economia dell’ego, dominata dalla paura, in cui si lotta per sottrarre ed accumulare senza ridistribuire. Il passaggio che sta facendo l’intera società è invece quello verso un’economia umana, dove i valori sono la cooperazione, la spinta creativa per garantire a tutti un’abbondanza diffusa, la responsabilità verso gli altri e la Natura.

E’ un passaggio difficile, non avverrà dall’oggi al domani, perché chi credeva nel vecchio modo di arricchirsi sottraendo ai propri simili e al pianeta lotterà per arrestare questo processo – e questo vale anche dentro di noi stessi – ma il vento del cambiamento è inarrestabile.

Nel piccolo, singoli uomini e donne, gruppi, associazioni e anche stati stanno evolvendo verso un nuovo modello. A me piace citare un contributo che riguarda la terra in cui sono nato, perché credo che si possa partire solo da dove si vive. Si tratta di una proposta di realizzare un Bilancio Sociale per il Parco  Naturale delle Dolomiti Friulane secondo dei modelli teorici che vengono discussi dagli anni ’70 e che prevedono che le aziende e anche le amministrazioni pubbliche, come nel caso di questo parco, si aprano alla società, stabilendo dei rapporti di collaborazione e condivisione, nonché creando un’organizzazione più favorevole alla motivazione dei singoli. Un’impresa può definirsi socialmente responsabile quando restituisce alla società e all’ambiente parte dei benefici che riceve. Si tratta di un cambiamento radicale, dal paradigma del capitalismo che sfrutta, dove ognuno è in lotta con gli altri (homo homini lupus diceva Thomas Hobbes, uno dei padri della moderna società europea) ad un modello dove l’azienda è parte integrante di un tutto che comprende i propri dipendenti, le comunità in cui opera, il pubblico, i clienti e la Natura. La definirei una visione economica olistica, dove ogni elemento è in relazione ad un altro, come nei nuovi modelli di medicina e terapia, dove gli organi, i vissuti emotivi e mentali non sono scissi e trattati singolarmente ma concorrono a definire un’unità e un bisogno di rinnovato equilibrio.

Si tratta di ritrovare la via della sintesi, di ricollegare le parti che per troppo tempo sono rimaste separate, di ricomporre il mosaico dell’esperienza umana, individuale e quindi collettiva. Ognuno parte da dove vive, con quello che sa fare, in questo caso con l’amore verso le montagne del Friuli e la capacità di organizzare, di creare reti. Si tratta di fare un grande passo avanti, che seppur tra mille attriti è destinato comunque a realizzarsi.

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