Di fronte al fiume Tagliamento, mentre il rosso, l’arancione ed il viola componevano un affresco che nessuna mano umana avrebbe potuto ricopiare, osservava le acque che in rivoli si facevano strada nella bianca ghiaia, i boschi delle rive che diventano scuri ed il silenzio del regno visibile che aumentava. Sentiva l’indistinto brusio del regno invisibile salire d’intensità e provava paura ma anche una forte attrazione. La notte incombente e il timore lo spingevano verso la locanda presso cui dimorava e tra i sentieri degli argini naturali, comprese che non era ancora il momento di attraversare il fiume, che bisognava tornare a ovest e andare verso nord.
A cavallo e a piedi attraversava la pianura, immerso in pensieri che sconfinavano in sogni e spesso era costretto a fermarsi per via di una grande fatica che lo rivestiva come un manto pesante. La notte vagava in territori che parevano di un altro mondo, incontrava animali e uomini, chiacchierava e discuteva. Al risveglio, con le mani immerse nell’acqua gelida di un pozzo o di una bacinella fissava il suo sguardo che sembrava appartenere al mondo di là.
Il piacere del viaggio stava scemando, non per noia, perché ogni elemento del paesaggio lo attraeva, ma per una sensazione opprimente che non lo lasciava quasi mai libero. Stanco e poco attento si chiedeva quale soluzione intraprendere ma la forza di volontà era fiaccata.
Le montagne non lo abbandonavano mai e sembrano farsi sempre più vicine e le cercava come se dovessero essere una cura di questo suo trascinarsi che non era un male ma qualcosa di inafferrabile.