
Mi sono sempre chiesto cosa potessi scrivere, nel frattempo iniziavo di tutto, dalle storie di fantascienza a quelle più ancora di fantasia, dai viaggi per terra a quelli per cielo ma ahimè ero sempre punto a capo, dopo poche pagine la mia penna moriva e i fogli rimanevano in un limbo di lavori che forse un giorno…
Forse la storia più concreta ma anche più difficile è quella che scrivo ogni giorno, nella mia vita a tratti, nell’anormalità che mio malgrado percorro, da cui non riesco ad allontanarmi. Non è una storia di eroi e draghi, di principesse e meraviglie, se non quelle che scorgo a tratti, quando la visuale è chiara, quando come in un tramonto di pace, percepisco un altro mondo, oltre quello che faccio fatica a calpestare.
Nel mio romanzo ci sono vulcani ed oceani, paesi esotici ed esperienze non comuni ma a pensarci sono sprazzi di vita che poi quando esco dalla porta, con le strade e le macchine, i lavori precari, gli sbalzi emotivi, mi chiedo se esistano davvero.
Scrivere è difficile, come ogni opera di creazione, perché ci vuole il cuore leggero per parlare di bellezza e bontà, più spesso è un peso nel petto a dire la sua, e non la dice in modo tanto piacevole. Dietro un sorriso e tante belle idee si annida la sofferenza e quella non è il “fuoco sacro” che ti spinge a comporre poemi e romanzi, ma è un cieco padrone che ti trascina su e giù tra il passato ed il futuro, tra ricordi di ferite e ripetizioni di inganni.
In questo romanzo non c’è la leggerezza che paga così tanto di questi tempi ma le difficoltà di adattamento, l’ostinazione a procedere, le innumerevoli cadute e qualche consapevolezza che chiede il conto.
Si scrive per poi leggere e le parole gettate sul bianco di un foglio dovrebbero far crescere, forse si scrive anche per far uscire quegli uccelli che vivono dentro di noi e che non chiedono altro di volare liberi, fuori dalle gabbie che sono la vita, la vita per come la sopravviviamo.